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(Nairobi, 22 gennaio 2015) – La sistematica repressione del governo etiope dei mezzi d’informazione indipendenti ha creato un panorama cupo per la libertà d’espressione prima delle elezioni generali di maggio 2015, ha detto Human Rights Watch in un rapporto uscito oggi. Nell’ultimo anno, sei organi di stampa di proprietà privata hanno chiuso in seguito a disturbi da parte del governo; accuse penali sono state fatte a carico di almeno ventidue tra giornalisti, blogger ed editori, e più di trenta giornalisti sono fuggiti dal Paese per timore di venire arrestati sulla base di leggi repressive.

Il rapporto di 76 pagine, “‘Journalism is Not a Crime’: Violations of Media Freedom in Ethiopia,” espone come il governo etiope abbia limitato il giornalismo indipendente dal 2010. Human Rights Watch, tra maggio 2013 e dicembre 2014, ha intervistato oltre settanta giornalisti in attività e in esilio, e ha riscontrato abusi ricorrenti da parte del governo nei confronti di giornalisti che sono sfociati nella detenzione di diciannove di essi per aver esercitato la propria libertà d’espressione, e nell’obbligare almeno altri sessanta ad andare in esilio dal 2010.

“Il governo dell’Etiopia ha aggredito, sistematicamente, le voci indipendenti del Paese, trattando i media come una minaccia anziché un’apprezzata fonte di informazione e analisi”, ha detto Lesile Lefkow, vice direttrice per l’Africa. “I media etiopi dovrebbero svolgere un ruolo cruciale nelle elezioni di maggio, e invece molti giornalisti temono di ritrovarsi buttati in prigione per il loro prossimo articolo”.

La maggior parte di stampa, televisione e radio in Etiopia sono controllati dallo Stato, e i pochi organi di stampa privati spesso si auto-censurano nella copertura di questioni politicamente sensibili per timore di venir chiusi.

Sei giornali indipendenti hanno chiuso nel 2014 in seguito a una lunga campagna di intimidazione, con tanto di documentari sulla televisione pubblica che accusavano tali giornali di essere affiliati a gruppi terroristici. L’intimidazione ha anche avuto luogo nella forma di disturbi e minacce nei confronti del personale, pressione su tipografi e distributori, ritardi normativi, e infine accuse penali nei confronti dei redattori. Decine di membri del personale sono andati in esilio. Tre dei proprietari sono stati dichiarati colpevoli in base al codice penale e condannati in contumacia a oltre tre anni di prigione.

Le prove presentate contro di loro da parte dell’accusa consistevano negli articoli che criticavano le politiche del governo.

Mentre le difficoltà di alcuni giornalisti etiopi d’alto profilo sono diventate ben note, decine di altri, ad Addis Abeba e in zone rurali, hanno patito violenze da parte dei funzionari di sicurezza con sistematicità.

Le minacce contro i giornalisti spesso si manifestano in modo simile. I giornalisti che pubblicano un articolo critico possono ricevere telefonate minatorie, sms, e visite da parte di funzionari di sicurezza e quadri del partito al potere. Alcuni affermano di aver ricevuto centinaia di tali minacce. Se questo non basta a zittirli o intimidirli affinché si auto-censurino, allora le minacce si acuiscono e spesso seguono degli arresti. I tribunali hanno mostrato un’indipendenza scarsa o nulla nei casi penali a carico di giornalisti, i quali sono stati trovati colpevoli in seguito a processi iniqui e condannati a lunghe pene detentive, spesso per accuse di carattere terroristico.

“Imbavagliare voci indipendenti con accuse inventate e molestie sta rendendo l’Etiopia uno dei più grandi carcerieri di giornalisti al mondo” ha detto Lefkow. “Il governo dovrebbe rilasciare immediatamente coloro che sono stati detenuti ingiustamente e riformare la legislazione per proteggere la libertà dei media”.

La maggior parte delle stazioni radio e televisive in Etiopia sono affiliate al governo, raramente si allontanano dalla sua posizione, e tendono a promuoverne le politiche e a pubblicizzare successi nello sviluppo. Il controllo della radio è cruciale, dal punto di vista politico, dato che più dell’ottanta per cento della popolazione etiope vive in aree rurali, dove la radio è ancora il mezzo principale per le news e l’informazione. Le poche stazioni radio private che coprono eventi politici sono soggette alla revisione e ai requisiti di approvazione da parte di funzionari governativi locali. Le emittenti che deviano dai temi approvati sono stati molestati, detenuti, e in molti casi obbligati ad andare in esilio.

Spesso, il governo ha anche creato interferenze su trasmissioni e bloccato i siti di radio e stazioni televisive stranieri e di esiliati all’estero. Il personale che lavora per tali emittenti si misura con ripetute minacce e molestie, così come con l’intimidazione delle loro fonti giornalistiche o delle persone intervistate su organi di stampa internazionali. Persino le persone che ne guardano o ne ascoltano i servizi sono state arrestate.

Il governo ha anche usato una varietà di restrizioni amministrative e normative più sottili ma efficaci, quali ostacolare gli sforzi per la formazione di associazioni di stampa, ritardare permessi e rinnovi di pubblicazioni private, fare pressioni sui pochi tipografi e distributori, e legare l’impiego negli organi di stampa statali all’appartenenza al partito di governo.

Anche i social media sono pesantemente limitati, e molti blog e siti gestiti da etiopi in esilio sono bloccati in Etiopia. Ad aprile, le autorità hanno arrestato sei persone di Zone 9, un collettivo di blogger d’interesse per giovani etiopi, che commenta su eventi sociali, politici e di altro carattere, accusandoli in virtù delle leggi anti-terrorismo del Paese e del codice penale. Il processo, a carico loro e di altri esponenti dei media, ha sollevato  diverse preoccupazioni circa l’equità dello svolgimento. Il 14 gennaio 2015, è stato aggiornato per la sedicesima volta e ormai sono stati detenuti per oltre 260 giorni. L’arresto e il procedimento nei confronti dei blogger di Zone 9 ha avuto l’effetto, più ampio, di raggelare la libertà d’espressione in Etiopia, specialmente trai blogger con spirito critico e gli attivisti online.

L’intensificarsi della repressione nei confronti dei media, chiaramente, condizionerà il panorama dell’informazione per le elezioni di maggio.

“Il governo ha ancora tempo per fare riforme significative che migliorerebbero le libertà dei mezzi d’informazione prima delle elezioni di maggio” ha detto Lefkow. “La modifica di leggi oppressive e la liberazione dei giornalisti in carcere non richiede tempo o risorse di rilievo, ma solo la volontà politica di attuare delle riforme”.

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