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Come l'Europa può contribuire a porre fine alla morte e alla disperazione nel Mediterraneo

L'impegno dei governi UE puo’ alleviare la crisi nelle rotte migratorie mortali

Migranti a bordo di una barca che cercavano di portare in Italia, dopo essere stati detenuti in una base della Marina libica a Tripoli il 20 settembre 2015. © 2015 Reuters

Mentre la pandemia assorbe tutta l'attenzione dell'Europa, nel Mediterraneo centrale la lotta per la sopravvivenza continua.

Dall'inizio del 2021, almeno 185 persone sono morte nelle acque tra il nord Africa e l'Italia. Le politiche italiane e dell'Unione Europea (UE) stanno costando vite in mare, e condannano molte altre persone all’agonia in Libia. 

Il Mediterraneo centrale è stato a lungo la rotta migratoria più letale del mondo, con oltre 17.400 vite perse tra il 2014 e il 2020. Il mese scorso, il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha rilevato che l'Italia non ha risposto a una barca in difficoltà nel 2013, causando la morte di almeno 200 persone, tra cui 60 minori. Mentre l'Italia ha avuto una responsabilità diretta in quel caso, è l'UE nel suo complesso ad essere responsabile dell'enorme numero di morti in mare.

Le istituzioni e gli stati dell'UE hanno progressivamente abdicato alla responsabilità della ricerca e del salvataggio nel Mediterraneo centrale. La missione navale dell'UE pattuglia deliberatamente lontano dalle aree in cui potrebbe incontrare barche in difficoltà. Le organizzazioni di soccorso non governative che cercano di colmare il vuoto subiscono campagne diffamatorie, ostacoli amministrativi e persino procedimenti giudiziari. L'Italia, Malta e l'agenzia di frontiera dell'UE, Frontex, sembrano più interessate ad aiutare le forze libiche a intercettare le barche di migranti che a garantire salvataggi tempestivi e il loro sbarco in un porto sicuro.

Negli ultimi due mesi, la guardia costiera libica ha intercettato almeno 3.700 persone e le ha riportate in Libia, dove vanno incontro alla detenzione arbitraria a tempo indeterminato e al rischio concreto di violenze sessuali, tortura, lavoro forzato ed estorsioni. Il numero è significativamente più alto di quelli ripresi durante lo stesso periodo nel 2020.

Tutti concordano sul fatto che la Libia non sia un luogo sicuro, ma questo non ha impedito all'UE di fornire denaro e supporto tecnico alle unità abusive della guardia costiera che sono nominalmente sotto le autorità della Libia occidentale. Negli ultimi cinque anni, questo sostegno ha permesso alle forze libiche di intercettare e riportare in Libia oltre 66.000 persone.

Questo ciclo di morte e sofferenza può essere evitato. La Commissione europea e i paesi dell'UE dovrebbero garantire una solida capacità di ricerca e salvataggio dei governi dell'UE nel Mediterraneo e sostenere, anzichè ostacolare, altri sforzi di salvataggio. Dovrebbero anche promulgare accordi di cooperazione internazionale per ridurre al minimo il numero di persone riportate in Libia, ed evacuare un maggior numero di persone direttamente dalla Libia per evitare che queste tentino un viaggio possibilmente mortale. Alla fine, il modo migliore per salvare delle vite è quello di espandere i canali sicuri e legali per i rifugiati e gli altri migranti.

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